Union Is Strength

22.06.2022

In Alto Adige, grazie a un progetto europeo, le foto storiche escono dalle soffitte polverose e acquistano nuova vita

Un progetto transfrontaliero organizzato tra il Tirolo austriaco e l’Alto Adige mira a far uscire le foto storiche dagli archivi donandogli una seconda vita attraverso la digitalizzazione, la condivisione gratuita, mostre virtuali e un’app.

Clarisse Portevin (FR) / Claudia Chieppa (IT)

Version française / English version

Ripresa in esterno. Gruppo di scolari con un maestro, 1900
Ripresa in esterno. Gruppo di scolari con un maestro, 1900. | Fotostudio Waldmüller, Ufficio Film e media, Provincia autonoma di Bolzano - Alto Adige, CC BY 4.0

Bolzano (Italia), Lienz (Austria)

Fino alla sua chiusura nel 1986, era consuetudine per le scolaresche di Bolzano recarsi presso lo studio fotografico Waldmüller per la consueta foto di classe. Ogni anno era Anna, una delle figlie di Hermann Waldmüller - che a fine Ottocento aveva avviato l’attività che portava il suo nome - ad affaccendarsi sistemando i bambini in file ordinate davanti all’obiettivo dell’apparecchio fotografico comprato da suo padre.

Il patrimonio fotografico dell’ex atelier Waldmüller nella Fleischgasse - oggi via Museo - a Bolzano, fa parte delle 12mila fotografie digitalizzate nell’ambito del progetto Interreg “Argento vivo. Fotografia patrimonio culturale” organizzato da quattro partner principiali e quattro partner associati distribuiti tra l’Italia e l’Austria e finanziato grazie al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR).

Uno degli obiettivi del progetto, conclusosi nel 2019, era quello di digitalizzare i fondi fotografici in possesso dei quattro partner principali: l’Archivio Tirolese per la documentazione e l'arte fotografica (TAP); la città di Brunico e l’Ufficio Film e Media e la Ripartizione musei della Provincia Autonoma di Bolzano.

Dal 2000, il ricco patrimonio fotografico dell’atelier di Hermann Waldmüller è in possesso dell’Ufficio Film e Media della Provincia di Bolzano. Scendendo nei sotterranei del palazzo della provincia in via Andreas Hofer, nel centro della città altoatesina, si accede al "tesoro" dell’Ufficio Film e Media, ovvero al suo archivio fotografico contenente circa 300mila fotografie tra positivi e negativi.

Interno dell'officina Waldmüller
Interno dell'officina Waldmüller. | Allesandro Campaner

Conservati in archivi compattabili si trovano i ritratti fotografici - con relativi negativi su lastra di vetro - realizzati dalla famiglia Waldmüller nel periodo di attività dell’atelier, dal 1896 al 1986. Oltre alle foto, sono qui conservati gli oggetti e gli strumenti del mestiere che completavano l’arredamento dello studio.

La responsabile dell'archivio filmico e fotografico dell’ufficio della provincia, Marlene Huber, maneggia con cura i negativi in vetro che ritraggono donne dai corsetti stretti e dalle ampie gonne, tirandoli fuori uno a uno dagli scaffali. Nella sala interrata si sovrappongono conversazioni in italiano e tedesco, com’è abitudine in questa parte d’Italia - l’Alto Adige (o Sud Tirolo) - rimasta sotto il controllo dell’Impero austro-ungarico fino al 1919.

Un tesoro da digitalizzare

Anna, una dei nove figli di Hermann Waldmüller, avrebbe portato avanti l’attività di famiglia a partire dal 1970, anno della morte di suo fratello Franz che aveva a sua volta rilevato l’attività nel 1902, alla morte di suo padre.

«Mia zia Anna non aveva la formazione per poter mandare avanti l’attività così, negli anni ’70, ha dovuto sostenere un esame per poter continuare ad esercitare la professione di fotografa» racconta Stephan Waldmüller. È stata sua e di suo fratello Georg la decisione di donare alla provincia tutto ciò che era contenuto nello studio fotografico più di famiglia, ora diventato una casa privata.

«Secondo me lo studio fa parte della storia di Bolzano. Esistevano altri studi fotografici ma questo era il più conosciuto e rinomato. E inoltre si è conservato tutto com’era, compresi gli attrezzi e le lampade», dice Stephan quando gli viene chiesto cosa pensa del fatto che grazie al progetto "Argento vivo" il lavoro di suo nonno, suo zio e sua zia sia ora digitalizzato e disponibile gratuitamente in una banca dati di immagini concesse con licenza Creative Commons.

Studio fotografico Waldmüller, Ufficio Film e Media Bolzano
Studio fotografico Waldmüller, Ufficio Film e Media Bolzano

Tutte le immagini raccolte e digitalizzate nel periodo di attività del progetto - tra il 2017 e il 2019 - sono disponibili con i relativi metadati con licenza CC BY sul portale di "Argento vivo". Questa licenza permette di utilizzare le opere di altri, anche a scopi artistici o commerciali, a patto di citare la paternità dell’opera e l’archivio di appartenenza.

Così facendo il progetto ha reso accessibili gratuitamente 12mila fotografie del Tirolo e dell’Alto Adige risalenti al periodo tra il 1880 e gli ultimi anni del XX secolo, aprendo alla collettività un inestimabile patrimonio culturale e rendendolo accessibile per le più disparate finalità.

«Siamo in possesso del fondo Waldmüller da molto tempo ma sino all’inizio del progetto "Argento vivo" avevamo fatto solo digitalizzazioni ad hoc senza una strategia completa. Per cui abbiamo pensato che grazie ai fondi europei avremmo potuto dedicarci a questo e prendere del personale che si occupasse della catalogazione di queste foto, che è la cosa più importante», spiega Huber.

«Grazie ai fondi europei abbiamo lavorato con dei giovani, che si sono appassionati alle foto storiche, e lavoravano proprio qui, in questa sala, […] era quasi una catena di montaggio», ricorda ridendo Huber seduta in una stanza con dei banchetti disposti a ferro di cavallo all’interno del palazzo della Provincia.

Oltre alla digitalizzazione, grazie ai 670mila euro stanziati dal FESR, è stato possibile organizzare cinque workshop aperti al pubblico e tenuti da esperti di diverse nazionalità, per tutti coloro che fossero interessati a prendersi cura degli archivi fotografici di famiglia o che volessero semplicemente acquisire nuove competenze nei settori della fotografia storica, dei diritti d’autore, dell’archiviazione e della digitalizzazione delle fotografie.

Un tuffo nel passato grazie all’app che utilizza le foto storiche

Il Duomo di Bolzano visto nel tempo attraverso l’app Timetrip pics
Il Duomo di Bolzano visto nel tempo attraverso l’app Timetrip pics. | Claudia Chieppa

Nel percorso dalla stazione ferroviaria di Lienz - un comune di 12mila abitanti nel Tirolo Orientale a pochi chilometri dal confine con l’Italia - all’Archivio Tirolese per la documentazione e l’arte fotografica (TAP) si finisce per passare inevitabilmente per Johannesplatz. La piazza è uno dei luoghi storici inseriti, insieme ad altri a Bolzano, Brunico e Innsbruck, tra quelli fruibili attraverso l’app Timetrip pics, sviluppata grazie ai fondi europei dal team di "Argento vivo".

Oltre agli impieghi classici delle foto storiche in musei, mostre o libri di storia, infatti, la sfida dei quattro partner del progetto è stata quella di trovare modi innovativi di presentare al pubblico le fotografie storiche. L’app, grazie a panoramiche a 360° o alla visualizzazione in timeline, permette di vedere l’aspetto che avevano in passato piazze ed edifici. Il telefono infatti riconosce i luoghi inquadrati e restituisce le sembianze che avevano un tempo grazie alle fotografie storiche che appaiono sullo schermo.

Oltre all’app il progetto ha anche allestito due mostre virtuali «che erano qualcosa di relativamente nuovo all’epoca, almeno per gli archivi delle regioni del Tirolo e del Sud Tirolo», spiega Martin Kofler, direttore del TAP di Lienz, partner capofila del progetto.

Le mostre in questione - disponibili sul portale "Argento vivo" - riguardano l’archivio fotografico della famiglia Kneußl, i cui scatti vanno dagli anni ’80 dell’Ottocento agli anni ’60 del Novecento, e la mostra "Pista! - Impressioni fotografiche sulla pratica dello sci in Tirolo, Alto Adige e Trentino, 1913-1997".

Discesa dal Monte Sief, 1908
Discesa dal Monte Sief, 1908. | Collezione Klebelsberg, TAP

Verso un’economia delle immagini

La scelta del team di "Argento vivo"di mettere le fotografie storiche in condivisione gratuitamente tramite le licenze creative commons si inserisce in una corrente di pensiero che risale ai primi anni 2000, quando venne sviluppata la prima versione di queste licenze.

«Da un lato ci sono le foto che vengono pagate 200 euro per poter essere utilizzate una volta sola» spiega Kofler. «Dall’altro ci sono altre correnti di pensiero, di cui un esponente è il portale Europeana [che riunisce contenuti digitalizzati relativi al patrimonio culturale europeo, ndr], che ritengono necessario restituire alle persone il tesoro culturale rappresentato dalle fotografie storiche», spiega Kofler.

In questo modo le foto storiche escono dagli archivi e vengono messe di nuovo in circolazione gratuitamente dando vita a nuovi processi creativi, come nel caso di Claudia Corrent, fotografa che si occupa di arti visive.

Negli ultimi anni la sua ricerca si è concentrata sulla creazione di nuove fotografie a partire dalla rielaborazione di foto storiche provenienti da archivi di privati o di enti pubblici, compreso il fondo Waldmüller della Provincia di Bolzano.

Foto tratta dal progetto Il tempo e l'immagine. L'archivio trasformato con immagini provenienti dal fondo Fotostudio Waldmüller (Interreg V) e da altri archivi
Foto tratta dal progetto "Il tempo e l'immagine. L'archivio trasformato" con immagini provenienti dal fondo Fotostudio Waldmüller (Interreg V) e da altri archivi | Claudia Corrent

Alcune delle immagini di Waldmüller sono state la base di alcune opere di Corrent create in occasione della mostra FLUX FRAGMENTS, Raccolta I, inaugurata a fine maggio e organizzata dalla piattaforma per la produzione culturale Lungomare, con sede a Bolzano.

Le foto in questione dovevano avere ad oggetto il fiume, tema intorno a cui ruota FLUX, il cui scopo è quello di esplorare i paesaggi fluviali del capoluogo altoatesino e gli spazi pubblici attorno ad essi.

«Il discorso di riutilizzare le foto storiche va a scardinare il paradigma della fotografia intesa come qualcosa di definitivo, dimostrando invece come le foto possano restituire significati diversi rispetto a quelli voluti dall’autore originario» dice Corrent. «Inoltre, poiché nell’epoca in cui viviamo c’è un quantitativo enorme di stimoli visivi si tratta anche di una forma di economia delle immagini: perché non attualizzare quelle vecchie anziché produrne di nuove?».

Un modo per trasformare le foto dei bisnonni o le vecchie polaroid contenute nelle scatole da scarpe in soffitta in nuove opere d’arte.

European unionQuesto articolo è realizzato nell’ambito del concorso Union Is Strength, organizzato da sé Slate.fr con il sostegno finanziario dell’Unione europea. L’articolo riflette il punto di vista dei suoi autori e la Commissione Europea non può essere ritenuta responsabile del suo contenuto o del suo uso.