Nel Molise più remoto, la banda ultralarga è ancora un miraggio
Grazie agli investimenti statali e del Fondo europeo di sviluppo regionale, decine di migliaia di persone nelle zone più urbane e industriali del Molise oggi possono navigare in rete molto velocemente. Ma nelle zone interne, la strada è ancora in salita.
San Giuliano di Puglia (Italia)
Ogni giorno, da quando è tornato a lavorare nel paesino in cui è cresciuto, il programmatore Romeo Bertoldo incappa nello stesso problema: la connessione ad internet, nel suo ufficio, è di una lentezza sconfortante.
A San Giuliano di Puglia, un comune di un migliaio di abitanti che nonostante il nome si trova tra le montagne del Molise, il download di programmi da un centinaio scarso di megabyte - come un semplice Google Chrome, per esempio - può impiegare mezz’ora. Inviare anche il file più leggero ad un cliente è un’attività che divora tempo prezioso. Talvolta, lui e i colleghi con cui gestisce una piccola azienda che crea siti web finiscono per connettersi usando il 4G del proprio cellulare per accelerare i tempi.
Normalmente, però, la loro connessione non passa né dai cavi in rame dell’ADSL né dalla fibra ottica, alternativa più stabile e veloce. Per navigare in rete, Bertoldo e i suoi concittadini si devono affidare alle onde radio, captate da una piccola antenna montata sulla facciata del loro edificio.
“È difficile da un punto di vista lavorativo”, racconta il programmatore venticinquenne. “Se c’è qualcosa che potrei sviluppare in una o due ore di tempo, devo tenere in mente che esistono tantissimi tempi morti che ci portano via ore intere. E non esiste un sistema per poter ovviare a questo problema”. Come in tantissime altre zone remote dell’entroterra molisano, nella sua San Giuliano delle infrastrutture digitali migliori non sono ancora arrivate.
Digital divide all’italiana
Secondo le ultime stime del ministero dell’Innovazione italiano e dell’autorità garante delle telecomunicazioni, pubblicate nel 2020, in tutta Italia sono più di 63 mila le persone che abitano nelle cosiddette “zone bianchissime”, dove più del 10% delle abitazioni non hanno alcun tipo di accesso fisso ad internet. Altre 16 mila vivono in posti dove non prende neanche il telefonino. In totale, sono almeno 485 mila le abitazioni che non hanno alcun accesso ad Internet o che possono contare solo sui ponti radio, come fanno Bertoldo e i suoi colleghi: la maggior parte si trovano nelle aree interne, spesso montuose e scarsamente abitate.
In Molise, una regione talmente remota che secondo una battuta diffusa in tutto il Paese nemmeno esiste, quasi 13 mila abitanti non hanno una connessione a banda larga - la comune ADSL - e solo il 9% della popolazione ha accesso alla banda ultralarga. Nella pratica, parliamo di migliaia di persone che fanno fatica a guardare un film in streaming, a seguire una lezione o una riunione su Zoom, a fare acquisti online o collegarsi all'home banking, a ricevere certificati medici digitali. Migliaia di persone che da anni vivono tagliate fuori da servizi e comodità che, specie durante la pandemia, si sono rivelate centrali per continuare a studiare e lavorare perché gli operatori privati non intendono investire in aree scarsamente popolate dove è improbabile ottenere un ritorno economico.
Conscio di questa falla del libero mercato - conseguenza della privatizzazione strisciante delle infrastrutture di telecomunicazione avvenuta negli anni Novanta in Europa e negli Stati Uniti - che alimenta il cosiddetto divario digitale, fin dal 2003 il governo italiano ha incaricato una società pubblica, Infratel, di costruire le infrastrutture digitali nelle cosiddette aree a fallimento di mercato. Dal 2015, Infratel ha il lavoro di trasformare in realtà l’obiettivo della nuova Agenda digitale europea, che auspicava l’arrivo della banda ultralarga nelle abitazioni dell’85 per cento dei cittadini comunitari entro il 2020.
A distanza di due anni, questa speranza è stata disattesa, in Molise come in tante altre regioni italiane. Ma non vuol dire che non si sia fatto qualche passo deciso nella giusta direzione: in tutto il Paese, Infratel ha finanziato quattromila cantieri, e 3500 sono già stati realizzati.
Se la lotta allo spopolamento passa per internet
In Molise, grazie a circa quattro milioni di euro stanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e 1,7 milioni di investimento da parte di Telecom Italia, 230 chilometri di banda ultra larga di ultima generazione in fibra ottica sono stati costruiti tra 2015 e 2018 nei più grandi centri industriali e urbani della regione: il capoluogo, Campobasso, ma anche Isernia, Pozzilli, Venafro e la città costiera di Termoli.
Tra ospedali, scuole, basi militari, uffici della pubblica amministrazione e abitazioni private, hanno così avuto un accesso molto più veloce e stabile ad Internet oltre 70 mila cittadini - in una regione che ne conta 305,6 mila, molti dei quali sparpagliati tra una miriade di piccoli paesi che vanno spopolandosi di anno in anno.
Per Vittorino Facciolla, attuale Consigliere regionale del Molise che nella scorsa amministrazione si occupava dello sviluppo rurale, la chiusura del divario digitale è intimamente legata a questo spopolamento, che vede gli abitanti delle aree interne spostarsi verso le coste, lasciando dietro di sé seri problemi ambientali.
“Abbandonare le aree rurali e quelle di montagna significa provocare una serie di guasti: il presidio dell'uomo sul territorio è straordinariamente fondamentale per evitare l'erosione del suolo, mitigare i dissesti, conservare il patrimonio paesaggistico”, spiega.
In questo senso, il ruolo dei finanziamenti europei - legati non solo all’obiettivo della chiusura del divario digitale, ma anche alla preservazione del patrimonio culturale e naturale, la creazione di nuovi posti di lavoro e il rafforzamento dell’inclusione sociale - è stato importantissimo, afferma Facciolla. “È assai verosimile che, se non ci fosse stato, si sarebbero spesi i soldi pubblici in maniera molto diversa, non guardando alla possibilità di proiettarsi verso il futuro”.
Il lavoro da fare, però, resta moltissimo - come conferma la realtà di posti come San Giuliano di Puglia, dove i lavori per la stesura delle nuove infrastrutture per la banda ultralarga dovrebbero cominciare quest’anno.
“Purtroppo, in Molise le zone bianche sono una realtà ancora molto diffusa”, ricorda Micaela Fanelli, consigliera regionale e vicepresidente di ALI, la Lega delle Autonomie Locali Italiane, che da tempo incalza società come Open Fiber - che si sta occupando di realizzare infrastrutture di rete a banda ultralarga in fibra ottica su tutta la penisola, incluse le aree bianche, e che in Molise ha finora posato la fibra in 73 comuni - ma anche Tiscali, società privata di telecomunicazioni italiana che si è prefissata di investire anche nelle zone a fallimento di mercato.
“La situazione è chiaramente mutilante per l’esercizio di tutti i diritti, da quello alla salute a quello alla formazione”, sottolinea Fanelli, che vive a Riccia, piccolo comune alle porte di Campobasso. “Durante la pandemia, i miei figli avevano difficoltà a connettersi ad internet per la didattica a distanza, ed erano già fortunati rispetto ad altri che non riuscivano a collegarsi proprio. Altri non hanno potuto lavorare in smart working: vivere in zone in cui il segnale manca, quindi, non ti consente di avere le stesse opportunità lavorative. Un domani, non poter accedere a telemedicina e teleassistenza significherà doversi fare un’ora di macchina per salvare una vita. E poi non si può fruire delle attività culturali, video e audio nello stesso modo, quindi c’è un arretramento culturale. Non ci si può vedere e sentire con gli amici, quindi c’è un isolamento sociale”.
Realtà in cui si riflette Romeo Bertoldo, il giovane programmatore tornato a San Giuliano di Puglia. “In futuro, ovviamente, vogliamo spostarci da qui - anche perché se dovessimo aumentare il personale, dovremmo dividere la stessa banda per un numero maggiore di persone, e sarebbe una situazione impossibile”, dice. “Questa è una bella terra, è la nostra casa, ma se i servizi rimangono questi siamo costretti ad andarcene. Rispetto alla velocità a cui va il resto del mondo, noi siamo dieci, cento volte indietro”